Opere pubblicate

Prigionieri, come certi pensieri

La panchina dei ricordi - Fabrizio Bozzini - Libro

La panchina dei ricordi

Le emozioni che un essere umano prova sono le più disparate: dalla gioia alla tristezza, dal sorriso all’amarezza c’è una scala di sfumature infinitamente vasta e variegata.

Questo è ciò che l’esistenza ci riserva, un susseguirsi di paradossi che Fabrizio Bozzini ha voluto raccontare con alcune figure metaforiche, apparentemente bizzarre, ma significative.

L’autore – in questo suo terzo lavoro – attinge dalla sua fantasia fervida e intavola riflessioni personali attraverso personaggi che vivono il loro quotidiano insieme col protagonista.

Tutti loro hanno un nome o un soprannome, incluso il “Tempo”, che scorre implacabile, sotto l’occhio attento dell’esperienza e della coscienza umana.

Una panchina, un uomo che si chiede tante cose, un altro uomo che risponde… o è solo il ricordo dei suoi stessi ideali, unito alla forza del suo amore, a trovare tutte le risposte?

Se si spende bene ogni attimo, se ci si aggrappa ai sentimenti più nobili, si conferisce meno potere distruttivo all’abitudine e più valore ad ogni istante.

L’invito ad essere – più che sia possibile – la versione migliore di noi stessi è uno dei messaggi chiave per chi si siede su “La panchina dei ricordi”.

Così ti scrivo

Memorie di un dialogo

Un uomo ed una donna adulti, determinati e compiuti, decidono di indietreggiare nel tempo, dando spazio al loro aspetto di amici particolarmente sognatori e un po’ fuori dagli schemi classici della comunicazione attuale.

Non usano pseudonimi, né inventano personaggi, solo cominciano a scriversi di tutto avviando uno scambio epistolare, immediato e trasparente, che sistematicamente raccolgono e puntano a editare. Sentono l’esigenza di lasciare una traccia, un consiglio alle loro rispettive figlie e ai loro amici: l’affetto fraterno è prezioso e un’affinità elettiva tanto bella non la si può circoscrivere in alcun Tweet.

Lei lancia l’idea, una cosa che aveva dentro da 16 anni almeno, lui la coglie al volo. Inizia la loro introspezione, così, con la scelta di una parola che sia misura e non si lasci scadere nella volgarità accidiosa tipica della pletora.

Paola scrive dalla sua cittadina rivierasca, con la sua alta marea e col peso dei suoi scogli. Fabrizio risponde dalla sua città, con il picco dei suoi pensieri simile alle vette e alle alte quote dei suoi monti. Fuggono – entrambi – dai rapporti sostanzialmente basati sulle offese gratuite, dalle varie realtà parallele che ognuno si crea per puro spirito di sopravvivenza; cercano “qui” e “ora” di scambiarsi domande, risposte, dubbi con grande rispetto e moltissima fiducia.

Percorsi paralleli che vanno a sovrapporsi: Fabrizio avanza dalla sua nebbia, Paola si discosta dall’incomprensibile ma, com’è loro abitudine quando si sentono e sorridono, evitano quelle sentenze emesse con toni sprezzanti da chi si auto-conferisce titoli sentendo di essersi tramutato in un insostituibile maestro di vita.

“Così ti scrivo” è l’istantanea di due persone e dei loro mostri interiori, delle loro sensibilità e dei loro timori esposti senza la pretesa di voler sembrare né invincibili, né supereroi.

Le parole del Re Inca

Recensione di Paola Cingolani

Ho un concetto del tempo abbastanza junghiano, vale a dire sono convinta di come gli eventi siano sincronistici e difficilmente pianificabili. Penso come – in nove anni di Twitter – sia buffo l’esserci trovati adesso. Di fatto è andata così nonostante avessimo amici comuni.

Fuori dal comune, invece, c’è la voglia di vivere cercando sempre di buttare via qualsiasi paravento. Il costante e continuo impegno di raccontarsi senza alibi, la ricerca, l’introspezione, il dirsi e il darsi col coraggio di affermare – “Sono questa persona, al di là degli algoritmi, provo emozioni intense – nel bene e nel male – e sono un individuo che apprezza la leggerezza calviniana piuttosto che la superficialità massificante, la quale mi vorrebbe ridurre un essere omologato.” –

Fabrizio conferisce questo senso alle sue parole, senza filtri, con un racconto che – fra miliardi di apparizioni social – è la storia di un essere profondamente umano e dignitoso.

Non ha mai la pretesa di assurgere a maestro di vita, lascia aperto un dialogo pieno di spiragli luminosi, interagisce con sé e con gli altri pensando e misurando i termini per non intaccare niente e nessuno, mai, inconsapevole maestro di modestia e signorilità.

Mi affascina la sua passeggiata sulla battigia, nell’incipit, mentre pensa e decide di cominciare questo lavoro, dando un senso preciso e una collocazione spaziotemporale stabilita al flusso di emozioni che lo attraversano. Sentivo lo sciabordio dell’acqua, vedevo i gabbiani, percepivo la sabbia bagnata sui miei stessi passi e vedevo il sole sorgere.

Mi ha sussurrato la poesia di Ungaretti – “ Il mare / voce d’una grandezza libera “ – così mi sono detta – “Repentina galleggia un’altra mattina” – ed è stata l’alba di un giorno nuovo, un viaggio parallelo fra sentimenti e parole scelte con il desiderio di essere, mai di apparire: neppure per un attimo perché, a cadere, fosse quel velo ipocrita col quale si ammantano i più.

Fabrizio – con una semplicità che ci richiama all’attenzione – si è raccontato non per la gloria del mondo, ma per lasciare una testimonianza viva ed eterna alle sue due figlie.

Questo – agli occhi miei – delinea una figura ammirevole e gli riconosco molto più del lavoro di un bravo aforista, o di chi riesce a sintetizzare pensieri profondi con frasi dirette e “straight”, come direbbe Murakami. Personalmente, credo che Fabrizio abbia il dono di coinvolgere e di entusiasmare così tanto spiccato, da poter rendere vive e palpitanti emozioni come quelle della poesia più pura.

– “Ehi tu, luna.” – Dice.
E io, che non posso fare a meno di fraseggiare, fra me e me – ma questo Fabrizio, conoscendomi, lo può sospettare
– “Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi,
che fai, silenziosa luna?”

Paola Cingolani
12/02/2021
@lementelettriche

La follia, quella sana, non curatela. Alimentatela.

© Fabrizio Bozzini, Novembre 2014