Le parole del Re Inca

Fabrizio Bozzini

Le parole del Re Inca - Copertina
Recensione di Paola Cingolani

Ho un concetto del tempo abbastanza junghiano, vale a dire sono convinta di come gli eventi siano sincronistici e difficilmente pianificabili. Penso come – in nove anni di Twitter – sia buffo l’esserci trovati adesso. Di fatto è andata così nonostante avessimo amici comuni.

Fuori dal comune, invece, c’è la voglia di vivere cercando sempre di buttare via qualsiasi paravento. Il costante e continuo impegno di raccontarsi senza alibi, la ricerca, l’introspezione, il dirsi e il darsi col coraggio di affermare – “Sono questa persona, al di là degli algoritmi, provo emozioni intense – nel bene e nel male – e sono un individuo che apprezza la leggerezza calviniana piuttosto che la superficialità massificante, la quale mi vorrebbe ridurre un essere omologato.” –

Fabrizio conferisce questo senso alle sue parole, senza filtri, con un racconto che – fra miliardi di apparizioni social – è la storia di un essere profondamente umano e dignitoso.

Non ha mai la pretesa di assurgere a maestro di vita, lascia aperto un dialogo pieno di spiragli luminosi, interagisce con sé e con gli altri pensando e misurando i termini per non intaccare niente e nessuno, mai, inconsapevole maestro di modestia e signorilità.

Mi affascina la sua passeggiata sulla battigia, nell’incipit, mentre pensa e decide di cominciare questo lavoro, dando un senso preciso e una collocazione spaziotemporale stabilita al flusso di emozioni che lo attraversano. Sentivo lo sciabordio dell’acqua, vedevo i gabbiani, percepivo la sabbia bagnata sui miei stessi passi e vedevo il sole sorgere.

Mi ha sussurrato la poesia di Ungaretti – “ Il mare / voce d’una grandezza libera “ – così mi sono detta – “Repentina galleggia un’altra mattina” – ed è stata l’alba di un giorno nuovo, un viaggio parallelo fra sentimenti e parole scelte con il desiderio di essere, mai di apparire: neppure per un attimo perché, a cadere, fosse quel velo ipocrita col quale si ammantano i più.

Fabrizio – con una semplicità che ci richiama all’attenzione – si è raccontato non per la gloria del mondo, ma per lasciare una testimonianza viva ed eterna alle sue due figlie.

Questo – agli occhi miei – delinea una figura ammirevole e gli riconosco molto più del lavoro di un bravo aforista, o di chi riesce a sintetizzare pensieri profondi con frasi dirette e “straight”, come direbbe Murakami. Personalmente, credo che Fabrizio abbia il dono di coinvolgere e di entusiasmare così tanto spiccato, da poter rendere vive e palpitanti emozioni come quelle della poesia più pura.

– “Ehi tu, luna.” – Dice.
E io, che non posso fare a meno di fraseggiare, fra me e me – ma questo Fabrizio, conoscendomi, lo può sospettare
– “Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi,
che fai, silenziosa luna?”

Paola Cingolani
12/02/2021
@lementelettriche

Recensione di Paola Cingolani

Ho un concetto del tempo abbastanza junghiano, vale a dire sono convinta di come gli eventi siano sincronistici e difficilmente pianificabili. Penso come – in nove anni di Twitter – sia buffo l’esserci trovati adesso. Di fatto è andata così nonostante avessimo amici comuni.

Fuori dal comune, invece, c’è la voglia di vivere cercando sempre di buttare via qualsiasi paravento. Il costante e continuo impegno di raccontarsi senza alibi, la ricerca, l’introspezione, il dirsi e il darsi col coraggio di affermare – “Sono questa persona, al di là degli algoritmi, provo emozioni intense – nel bene e nel male – e sono un individuo che apprezza la leggerezza calviniana piuttosto che la superficialità massificante, la quale mi vorrebbe ridurre un essere omologato.” –

Fabrizio conferisce questo senso alle sue parole, senza filtri, con un racconto che – fra miliardi di apparizioni social – è la storia di un essere profondamente umano e dignitoso.

Non ha mai la pretesa di assurgere a maestro di vita, lascia aperto un dialogo pieno di spiragli luminosi, interagisce con sé e con gli altri pensando e misurando i termini per non intaccare niente e nessuno, mai, inconsapevole maestro di modestia e signorilità.

Mi affascina la sua passeggiata sulla battigia, nell’incipit, mentre pensa e decide di cominciare questo lavoro, dando un senso preciso e una collocazione spaziotemporale stabilita al flusso di emozioni che lo attraversano. Sentivo lo sciabordio dell’acqua, vedevo i gabbiani, percepivo la sabbia bagnata sui miei stessi passi e vedevo il sole sorgere.

Mi ha sussurrato la poesia di Ungaretti – “ Il mare / voce d’una grandezza libera “ – così mi sono detta – “Repentina galleggia un’altra mattina” – ed è stata l’alba di un giorno nuovo, un viaggio parallelo fra sentimenti e parole scelte con il desiderio di essere, mai di apparire: neppure per un attimo perché, a cadere, fosse quel velo ipocrita col quale si ammantano i più.

Fabrizio – con una semplicità che ci richiama all’attenzione – si è raccontato non per la gloria del mondo, ma per lasciare una testimonianza viva ed eterna alle sue due figlie.

Questo – agli occhi miei – delinea una figura ammirevole e gli riconosco molto più del lavoro di un bravo aforista, o di chi riesce a sintetizzare pensieri profondi con frasi dirette e “straight”, come direbbe Murakami. Personalmente, credo che Fabrizio abbia il dono di coinvolgere e di entusiasmare così tanto spiccato, da poter rendere vive e palpitanti emozioni come quelle della poesia più pura.

– “Ehi tu, luna.” – Dice.
E io, che non posso fare a meno di fraseggiare, fra me e me – ma questo Fabrizio, conoscendomi, lo può sospettare
– “Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi,
che fai, silenziosa luna?”

Paola Cingolani
12/02/2021
@lementelettriche

La follia, quella sana, non curatela. Alimentatela.

© Fabrizio Bozzini, Novembre 2014